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...da un'idea di Claudio Falghera...

Riconoscimento ricevuto dal Governatore "Gabrio Filonzi"

al Congresso di Jesi il 23 Giugno 2019

La Favola...

Tutto il mio armamento è nella borsa che mi porto appresso… Io non sono una persona triste!!

Sono un ragazzo allegro che veste i panni dell’uomo delle favole e lo fa con la consapevolezza, con la soddisfacente consapevolezza, che al suo arrivo i bambini si divertiranno fino ad arrivare felici alla fine dei racconti… e non ci sono differenze tra bambini… il nostro spettacolo è sempre “accompagnato da sorrisi” …

Dicevo che amo raccontare favole e cantare magiche canzoni, perché amo la vita e amo sognare!

Qualche tempo fa è accaduto qualcosa di diverso: una associazione ci ha invitato a fare uno spettacolino in un grande ospedale pediatrico.

Sebbene abbiamo organizzato feste a bambini nelle scuole, non avevamo mai provato l’esperimento del narrare favole ai bambini in ospedale.

Abbiamo accolto l’idea con piacere e leggerezza e ci siamo preparati per i nostri soliti spettacolini.

All’inizio siamo andati in un reparto come ortopedia ed è stata una esplosione di risate e colori, di gessi che si animavano e stampelle che andavano via da sole. Poi, però, in un crescendo tutt’altro che casuale, l’esplosione era sempre meno potente e il nostro arrivo veniva accolto con grida sempre più smorzate…. soffuse.

Quando siamo entrati in oncologia… a ridere eravamo solo noi… eppure siamo riusciti a strappare dei sorrisi, a regalare dei momenti di serenità, ne sono certo, ma era come se li staccassimo da noi per darli a loro, come a fare cambio tra la nostra maschera finta e temporanea con quella definitiva che i bambini avevano in volto.

Non riuscire a fare ridere era qualcosa che ci capitava all’inizio, quando eravamo inesperti e portavamo spettacoli per piccoli a bambini troppo grandi o viceversa… ma lì era diverso, quei bambini non avevano le energie per farlo… e così via via che attraversavamo i reparti di questo ospedale pediatrico eravamo noi a spogliarci di queste energie per darle a loro, eravamo noi che ci stavamo svuotando di ogni forma di vita per prestarla a quei bambini innocenti.

Entrando in silenzio nelle terapie intensive, con movimenti al rallentatore, abbiamo osservato occhi che, lentamente si accorgevano della nostra presenza, a cui le nostre favole ricordavano periodi lontani e promesse mancate, che i nostri piccoli amici, ormai, non avevano più la forza di richiedere.

Quando siamo usciti da quei reparti non avevamo più la forza di parlare, di camminare o anche solo di pensare a cosa avremmo fatto di lì a poco. Avremmo voluto dare le nostre vite, se questo fosse bastato per salvare le loro. Però noi non siamo scappati, questo no, e ho promesso a me stesso che avrei continuato ad impegnarmi per strappare anche un solo sorriso ad un piccolo amico e che, quando fosse stato possibile, avrei messo a disposizione la mia allegria per quei bambini, convinto che avrei potuto, anche se solo per pochi istanti, renderli sinceramente felici. Forse non avrei mantenuto questa mia promessa ma, mentre stavamo uscendo, ho incontrato la mamma di uno di quei bimbi che mi ha abbracciato e, mentre una lacrima scendeva lentamente su quel viso provato dalla sofferenza interiore, mi disse che dopo il nostro passaggio il suo bimbo aveva mormorato due parole “MAMMA E FAVOLE” e questa era stata la prima volta che l’aveva chiamata “Mamma” nell’ultimo mese. Mi ha detto che era stato bellissimo e che ora sapeva che aveva un senso continuare a vegliarlo anche per mesi e mesi, perché lui sapeva che lei era lì e che, qualunque cosa fosse accaduta, il piccolo avrebbe avuto la mamma al suo fianco.

Rimasto confuso sono riuscito a proferire solo qualche generica parola di speranza per quella mamma, ma appena varcata la porta ho cominciato a soffrire, a soffrire per quei bambini e con quei bambini.

Ho iniziato a piangere per queste mie umili mani che unite a coppa vorrebbero buttare via dal mondo tutta questa sofferenza, ma sanno che al più possono alleggerire il carico di una barchetta e non svuotare il mare… ma io e questi meravigliosi amici non ci arrenderemo mai e continueremo fintanto che avremo la forza ad impegnarci per donare anche solo un sorriso!!! Uno solo a questi piccoli amici, perché fare sorridere un bambino che soffre è per noi la più grande ricompensa che si possa desiderare.

Domani, lo so già, sarò di nuovo lì insieme agli altri di “Rotary in favola” per portare avanti questo progetto.

Ho già tante nuove idee di come si potrebbero organizzare piccoli momenti di felicità per i bimbi negli ospedali e nelle scuole materne e elementari, ma anche per gli anziani nelle strutture che li ospitano… e sto ripensando, con tutta la forza che posso, a raccontare nuove storie e cantare magiche canzoni. Domani, lo so, mi sveglierò con una passione nuova: la speranza che un’altra mamma possa vedere un sorriso sul viso del suo PICCOLO ANGELO!!!

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